Rappresentanza e rappresentatività
La CIM, per scelta congressuale operata da oltre un decennio, non organizza solo gli italiani all’estero che hanno passaporto e cittadinanza italiani.
A fronte di circa 6 milioni di connazionali che si trovano in tale condizione, ve ne sono oltre 65 milioni di oriundi, discendenti e cittadini nati in Italia, ma privi di cittadinanza, che vivono il mondo e rappresentano una enorme
ricchezza ed una concreta risorsa per il nostro sviluppo e per quello dei Paesi di accoglimento.
Voler rappresentare strumentalmente solo gli italiani di passaporto residenti all’estero, può essere utile ai fini elettorali, ma costituisce elemento altamente riduttivo delle grandi potenzialità che gli italiani nel mondo hanno quali veri rappresentanti della italianità, della nostra cultura, dello stile di vita e delle nostre capacità scientifiche, tecnologiche e del “Made in Italy”.
Quindi circa 70 milioni di italiani all’estero senza se e senza ma, uniti nello spirito di fratellanza e di attaccamento alla madre Patria.
La scelta del passaporto e della cittadinanza e quindi del diritto al voto, costituisce sicuramente un dato importante, per chi è nelle condizioni di potervi accedere, ma deve essere libera e non privativa di patenti di appartenenza ad un popolo, ad una cultura ed a una lingua.
Voler distinguere gli uni dagli altri, promuovendo categorie differenziate, è un errore culturale prima e politico poi.
Non di secondaria importanza è la rappresentatività dei nostri connazionali.
Nei vari Parlamenti ed Assemblee legislative siedono ben 785 eletti di origine italiana, che a buon diritto si presentano come rappresentanti democratici delle nostre collettività. Si tratta di uno spaccato particolarmente interessante che vede tanti italiani aver raggiunto l’apice della carriera politica, con posti di notevole responsabilità (Ministri, Senatori, Deputati, ect.) e che tutelano gli interessi e difendono la identità culturale dei nostri italiani all’estero.
A ciò bisogna aggiungere le migliaia di Sindaci e Consiglieri di origine italiana, che dalle Americhe all’Australia, portano in alto il nome dell’Italia.
Discorso a parte va fatto per i nostri connazionali con diritto al voto per l’Italia.
In tal caso la rappresentatività ha livelli differenziati: Comites, CGIE e Parlamento Nazionale.
Abbiamo avuto modo di criticare pesantemente e giudicare assolutamente insufficiente la legge di riforma dei Comites. Tali organismi per i quali per primi ci siamo battuti, restano una inutile appendice delle decisioni consolari, senza poteri reali e soprattutto senza finanziamenti sufficienti.
Confermiamo la nostra tesi di promuovere una piattaforma programmatica unitaria con le altre Organizzazioni nazionali, autonome dai Partiti e dai Sindacati, per meglio difendere e tutelare la nostra italianità. Strumentalizzare, o meglio tentare di farlo, ai fini partitici è un errore che è già stato pagato caro.
E’ chiaro che, prima o poi, la legge per il voto all’estero sarà profondamente modificata poiché si tratta non solo di un’aberrazione giuridica, ma anche rappresenta significativi elementi di incostituzionalità ed inapplicabilità.
Già sono stati predisposti da più forze politiche e da singoli cittadini eccezioni di incostituzionalità per la legge Tremaglia. Nota è la nostra posizione sulle circoscrizioni estere, che sono state “un’invenzione” tutta italiana, e l’assurdità di non concedere il voto anche per le Europee e le Regionali a tutti gli aventi titolo, visto che trattasi di consessi legislativi e la Costituzione, articolo 49, recita che il “voto è uguale” per tutti.
Nella direzione opposta a quanto voluto dal Legislatore è stata impostata la questione del CGIE. Tale organismo doveva essere rappresentativo dei Comites e dell’associazionismo.
In alcuni casi i Comites ed il CGIE hanno tarpato le ali alle Associazioni, i membri sono autoreferenti e sono stati strumentalmente utilizzati, per la legge Tremaglia, con l’aspirazione, di almeno una decina di loro, ad essere
parlamentari “in pectore”. Mezzucci e furberie che sono state ora smascherate dalla maggioranza dei componenti del CGIE che ora vuole riappropriarsi del proprio ruolo originario e rifuggire da strumentalizzazioni fin troppo scoperte.
Insomma quanto sta accadendo in questi mesi rappresenta un duro colpo ai “professionisti dell’emigrazione” ed ai loro protettori neanche tanto occulti.
Per la questione nuova legge elettorale ,Il congresso presenta, a parte una Tesi politica sul tema.
A fronte di circa 6 milioni di connazionali che si trovano in tale condizione, ve ne sono oltre 65 milioni di oriundi, discendenti e cittadini nati in Italia, ma privi di cittadinanza, che vivono il mondo e rappresentano una enorme
ricchezza ed una concreta risorsa per il nostro sviluppo e per quello dei Paesi di accoglimento.
Voler rappresentare strumentalmente solo gli italiani di passaporto residenti all’estero, può essere utile ai fini elettorali, ma costituisce elemento altamente riduttivo delle grandi potenzialità che gli italiani nel mondo hanno quali veri rappresentanti della italianità, della nostra cultura, dello stile di vita e delle nostre capacità scientifiche, tecnologiche e del “Made in Italy”.
Quindi circa 70 milioni di italiani all’estero senza se e senza ma, uniti nello spirito di fratellanza e di attaccamento alla madre Patria.
La scelta del passaporto e della cittadinanza e quindi del diritto al voto, costituisce sicuramente un dato importante, per chi è nelle condizioni di potervi accedere, ma deve essere libera e non privativa di patenti di appartenenza ad un popolo, ad una cultura ed a una lingua.
Voler distinguere gli uni dagli altri, promuovendo categorie differenziate, è un errore culturale prima e politico poi.
Non di secondaria importanza è la rappresentatività dei nostri connazionali.
Nei vari Parlamenti ed Assemblee legislative siedono ben 785 eletti di origine italiana, che a buon diritto si presentano come rappresentanti democratici delle nostre collettività. Si tratta di uno spaccato particolarmente interessante che vede tanti italiani aver raggiunto l’apice della carriera politica, con posti di notevole responsabilità (Ministri, Senatori, Deputati, ect.) e che tutelano gli interessi e difendono la identità culturale dei nostri italiani all’estero.
A ciò bisogna aggiungere le migliaia di Sindaci e Consiglieri di origine italiana, che dalle Americhe all’Australia, portano in alto il nome dell’Italia.
Discorso a parte va fatto per i nostri connazionali con diritto al voto per l’Italia.
In tal caso la rappresentatività ha livelli differenziati: Comites, CGIE e Parlamento Nazionale.
Abbiamo avuto modo di criticare pesantemente e giudicare assolutamente insufficiente la legge di riforma dei Comites. Tali organismi per i quali per primi ci siamo battuti, restano una inutile appendice delle decisioni consolari, senza poteri reali e soprattutto senza finanziamenti sufficienti.
Confermiamo la nostra tesi di promuovere una piattaforma programmatica unitaria con le altre Organizzazioni nazionali, autonome dai Partiti e dai Sindacati, per meglio difendere e tutelare la nostra italianità. Strumentalizzare, o meglio tentare di farlo, ai fini partitici è un errore che è già stato pagato caro.
E’ chiaro che, prima o poi, la legge per il voto all’estero sarà profondamente modificata poiché si tratta non solo di un’aberrazione giuridica, ma anche rappresenta significativi elementi di incostituzionalità ed inapplicabilità.
Già sono stati predisposti da più forze politiche e da singoli cittadini eccezioni di incostituzionalità per la legge Tremaglia. Nota è la nostra posizione sulle circoscrizioni estere, che sono state “un’invenzione” tutta italiana, e l’assurdità di non concedere il voto anche per le Europee e le Regionali a tutti gli aventi titolo, visto che trattasi di consessi legislativi e la Costituzione, articolo 49, recita che il “voto è uguale” per tutti.
Nella direzione opposta a quanto voluto dal Legislatore è stata impostata la questione del CGIE. Tale organismo doveva essere rappresentativo dei Comites e dell’associazionismo.
In alcuni casi i Comites ed il CGIE hanno tarpato le ali alle Associazioni, i membri sono autoreferenti e sono stati strumentalmente utilizzati, per la legge Tremaglia, con l’aspirazione, di almeno una decina di loro, ad essere
parlamentari “in pectore”. Mezzucci e furberie che sono state ora smascherate dalla maggioranza dei componenti del CGIE che ora vuole riappropriarsi del proprio ruolo originario e rifuggire da strumentalizzazioni fin troppo scoperte.
Insomma quanto sta accadendo in questi mesi rappresenta un duro colpo ai “professionisti dell’emigrazione” ed ai loro protettori neanche tanto occulti.
Per la questione nuova legge elettorale ,Il congresso presenta, a parte una Tesi politica sul tema.
Iniziative di presenza e di presentazione della CIM nei Paesi di accoglimento
La CIM ritiene di costituire una presenza maggioritaria nei Paesi di accoglimento.
Urge ora adoperarsi per un censimento realistico delle nostre presenze associative. Sono circa sei (3) mila le associazioni, censite dal Ministero, dei nostri connazionali all’estero. Di queste duemila circa dichiarano di aderire alla CIM, almeno altre 500 non hanno espresso legami o adesioni ad alcuna struttura nazionale, le altre aderiscono alle altre 4 associazioni nazionali di matrice partitica, sindacale e confessionale.
Per parte nostra riteniamo utile procedere ad un riordino delle forme associate in emigrazione, attraverso una verifica seria, magari con un impegno diretto dei Consolati, su quali associazioni si possano realmente definire tali, ed eliminare realtà parolaie e vuote che vedono presentare come associazioni gruppi ristretti di 3 o 4 persone magari appartenenti alla stessa famiglia.
Tale semplificazione diventa indispensabile se si vuole assegnare al movimento associativo un ruolo più consistente e determinante nella gestione della rappresentatività degli italiani nel mondo.
La platea associativa della CIM è da sempre costituita in maggioranza da imprenditori, industriali e professionisti, anche se vi è una significativa presenza di uomini della cultura, della finanza e della politica.
In molti Paesi la CIM ha dato vita ad Associazioni autonome di industriali e commercianti, che operano in modo più agile rispetto alle locali Camere di commercio ed alla stessa ICE, con i quali collaboriamo, da sempre, e sosteniamo nelle loro attività istituzionali.
Tali iniziative hanno consentito alla CIM una penetrazione capillare in 24 Paesi in cui è riuscita ad essere presente.
Parimenti sono notevolmente aumentate le attività nel settore culturale con conferenze, mostre, premi letterari, etc, in quello sportivo con l’organizzazione di vari campionati nelle diverse discipline, in quello del turismo da e per l’Italia, dello spettacolo con festivals della canzone, teatro e moda.
Negli ultimi anni la Confederazione ha notevolmente incrementato la sua attività nel campo della formazione, dell’insegnamento della lingua italiana, nella offerta di servizi, assistenza e supporto per gli italiani all’estero e per
quelli che rientrano temporaneamente o definitivamente in Italia.
Essendo una organizzazione a carattere orizzontale e quindi politico-culturale, la CIM opera in tali campi attraverso accordi o convenzioni con altre strutture e società.
Ridotte al minimo le attività dei Patronati, vista la mutazione profonda a livello anagrafico dei nostri connazionali e quindi venuta meno gran parte del lavoro da essi svolto (domande pensioni, assegni, etc.), lo spazio di iniziativa di enti più o meno analoghi si è creato nel campo della formazione.
In molti Paesi, ed in particolare in Sud America, molti Enti di formazione svolgono una discreta attività a favore dei nostri connazionali, ed in particolare dei discendenti ed oriundi, per l’avviamento al lavoro, per l’apprendimento di mestieri e professioni che possono aprire sbocchi occupazionali.
Tali Enti ricercano da sempre la collaborazione della CIM, che, per scelta, non opera direttamente ma può fornire sedi, allievi, contatti e coperture tecnico-giuridiche ad Enti che atterrano con le loro attività nei Paesi di
accoglimento.
In particolare, sono stati svolti Corsi in Brasile, Argentina, Cile, etc, dove la CIM ha potuto dare il proprio determinante contributo. Parimenti dobbiamo dire per i corsi d’insegnamento della lingua italiana che
sono molto richiesti in tutti i Paesi a forte presenza della collettività italiana.
Dobbiamo rilevare come i nostri Governi, da sempre, hanno prestato poca attenzione a tale problema al punto che l’Italia, nonostante i 70 milioni di cittadini del mondo di origine italiana, spende pochissimo per tale settore; basti dire che la Cina investe per le propria lingua all’estero 50 volte di più del nostro Paese.
Sono encomiabili le attività dei vari enti ed organismi quali i Coasit, la Dante Alighieri, etc., ma siamo ben lontani dal soddisfare le richieste.
La CIM comunque incrementerà, nel futuro, sensibilmente il proprio impegno in tale direzione.
La CIM ha costituito nell’ambito della Direzione Nazionale, un gruppo di lavoro per definire convenzioni apposite con enti e società per offrire ai propri aderenti servizi e possibilità operative a condizioni vantaggiose.
In particolare sono in essere incontri per stipulare accordi nel settore assicurativo, delle carte di credito, dei trasporti, delle sistemazioni turistico-alberghiere.
Infine, maggior impegno verrà profuso nel settore pubblicitario e telematico.
Da qualche mese l’Ufficio Stampa della CIM ha conosciuto nuova operatività e visibilità con risultati più che apprezzabili grazie alle nuove risorse umane giunte in seno alla Confederazione.
Parimenti è stato creato un anche un proprio sito ed una pagina Facebook dove far intervenire tutte le nostre associazioni presenti nel Mondo. Maggiore impegno verrà profuso anche per il rilancio del giornale organo ufficiale che è “Pianeta Italia”.
Urge ora adoperarsi per un censimento realistico delle nostre presenze associative. Sono circa sei (3) mila le associazioni, censite dal Ministero, dei nostri connazionali all’estero. Di queste duemila circa dichiarano di aderire alla CIM, almeno altre 500 non hanno espresso legami o adesioni ad alcuna struttura nazionale, le altre aderiscono alle altre 4 associazioni nazionali di matrice partitica, sindacale e confessionale.
Per parte nostra riteniamo utile procedere ad un riordino delle forme associate in emigrazione, attraverso una verifica seria, magari con un impegno diretto dei Consolati, su quali associazioni si possano realmente definire tali, ed eliminare realtà parolaie e vuote che vedono presentare come associazioni gruppi ristretti di 3 o 4 persone magari appartenenti alla stessa famiglia.
Tale semplificazione diventa indispensabile se si vuole assegnare al movimento associativo un ruolo più consistente e determinante nella gestione della rappresentatività degli italiani nel mondo.
La platea associativa della CIM è da sempre costituita in maggioranza da imprenditori, industriali e professionisti, anche se vi è una significativa presenza di uomini della cultura, della finanza e della politica.
In molti Paesi la CIM ha dato vita ad Associazioni autonome di industriali e commercianti, che operano in modo più agile rispetto alle locali Camere di commercio ed alla stessa ICE, con i quali collaboriamo, da sempre, e sosteniamo nelle loro attività istituzionali.
Tali iniziative hanno consentito alla CIM una penetrazione capillare in 24 Paesi in cui è riuscita ad essere presente.
Parimenti sono notevolmente aumentate le attività nel settore culturale con conferenze, mostre, premi letterari, etc, in quello sportivo con l’organizzazione di vari campionati nelle diverse discipline, in quello del turismo da e per l’Italia, dello spettacolo con festivals della canzone, teatro e moda.
Negli ultimi anni la Confederazione ha notevolmente incrementato la sua attività nel campo della formazione, dell’insegnamento della lingua italiana, nella offerta di servizi, assistenza e supporto per gli italiani all’estero e per
quelli che rientrano temporaneamente o definitivamente in Italia.
Essendo una organizzazione a carattere orizzontale e quindi politico-culturale, la CIM opera in tali campi attraverso accordi o convenzioni con altre strutture e società.
Ridotte al minimo le attività dei Patronati, vista la mutazione profonda a livello anagrafico dei nostri connazionali e quindi venuta meno gran parte del lavoro da essi svolto (domande pensioni, assegni, etc.), lo spazio di iniziativa di enti più o meno analoghi si è creato nel campo della formazione.
In molti Paesi, ed in particolare in Sud America, molti Enti di formazione svolgono una discreta attività a favore dei nostri connazionali, ed in particolare dei discendenti ed oriundi, per l’avviamento al lavoro, per l’apprendimento di mestieri e professioni che possono aprire sbocchi occupazionali.
Tali Enti ricercano da sempre la collaborazione della CIM, che, per scelta, non opera direttamente ma può fornire sedi, allievi, contatti e coperture tecnico-giuridiche ad Enti che atterrano con le loro attività nei Paesi di
accoglimento.
In particolare, sono stati svolti Corsi in Brasile, Argentina, Cile, etc, dove la CIM ha potuto dare il proprio determinante contributo. Parimenti dobbiamo dire per i corsi d’insegnamento della lingua italiana che
sono molto richiesti in tutti i Paesi a forte presenza della collettività italiana.
Dobbiamo rilevare come i nostri Governi, da sempre, hanno prestato poca attenzione a tale problema al punto che l’Italia, nonostante i 70 milioni di cittadini del mondo di origine italiana, spende pochissimo per tale settore; basti dire che la Cina investe per le propria lingua all’estero 50 volte di più del nostro Paese.
Sono encomiabili le attività dei vari enti ed organismi quali i Coasit, la Dante Alighieri, etc., ma siamo ben lontani dal soddisfare le richieste.
La CIM comunque incrementerà, nel futuro, sensibilmente il proprio impegno in tale direzione.
La CIM ha costituito nell’ambito della Direzione Nazionale, un gruppo di lavoro per definire convenzioni apposite con enti e società per offrire ai propri aderenti servizi e possibilità operative a condizioni vantaggiose.
In particolare sono in essere incontri per stipulare accordi nel settore assicurativo, delle carte di credito, dei trasporti, delle sistemazioni turistico-alberghiere.
Infine, maggior impegno verrà profuso nel settore pubblicitario e telematico.
Da qualche mese l’Ufficio Stampa della CIM ha conosciuto nuova operatività e visibilità con risultati più che apprezzabili grazie alle nuove risorse umane giunte in seno alla Confederazione.
Parimenti è stato creato un anche un proprio sito ed una pagina Facebook dove far intervenire tutte le nostre associazioni presenti nel Mondo. Maggiore impegno verrà profuso anche per il rilancio del giornale organo ufficiale che è “Pianeta Italia”.
Progetto ideologico-culturale
Per decenni nel nostro Paese è stato consumato un grave errore culturale nel sottovalutare l’importanza dei nostri connazionali all’estero e di tutto il settore della emigrazione.
Fino agli inizi degli anni ’90 si parlava con imbarazzo dei nostri emigrati, considerati i “parenti poveri” od, addirittura, italiani incapaci di sbarcare il lunario nella propria terra e quindi costretti alla fuga all’estero.
Probabilmente non ci si aspettava l’esplosione della laboriosità italiana nel Mondo, la diffusione della nostra cultura, del nostro modo di essere, di vestire e di mangiare.
E l’Italia nel Mondo in luogo di essere conosciuta solo come “mafia è diventata con gli anni sinonimo di buon gusto, di alta tecnologia, di stile e di capacità imprenditoriali.
Gli italiani nel mondo sono oggi imprenditori di successo, uomini politici ai vertici dei Paesi di accoglimento, giornalisti ed attori famosi, professionisti tra i più rinomati, militari che portano pace e solidarietà nel mondo, missionari che rischiano la vita per aiutare gli altri. Insomma, è il successo del “pianeta” Italia.
Gli italiani all’estero valgono annualmente per il nostro Paese circa 185 milioni di €. Tale cifra rappresenta l’incidenza del settore emigrazione sulla economia nazionale.
Tutto ciò fino a poco tempo fa veniva ignorato o sottovalutato; siamo ben lontani dallo stereotipo di emigrato, povero e malvestito, che lasciava la propria terra ed propri affetti per cercare fortuna altrove.
I nostri connazionali che vivono il Mondo pur sentendosi giustamente cittadini dei Paesi di accoglimento, sentono forte il rapporto con il Paese d’origine e ogni giorno di più rafforzano il legame con la Madre Patria.
Molti nati all’estero e senza conoscenza di lingua e costumi dell’Italia, si stanno impegnando alla ricerca delle proprie radici. Si è sviluppato una sorta di turismo del ritorno alle origini.
La CIM ha inaugurato, in collaborazione con importanti operatori turistici, il “Progetto Turismo di Ritorno”.
Dopo che in alcuni Paesi gli emigrati, per essere accettati ed integrati provvedevano a cambiare perfino il loro cognome, oggi accade il contrario con la spasmodica ricerca di un antenato, un paesello a cui far riferimento e poter vantare la origine italiana. Si tratta di una piccola rivoluzione ideologica che fa dell’Italia un Paese di successo, stimato ed apprezzato in tutto il Mondo.
La nuova situazione, però, non deve cancellare la nostra memoria storica dei momenti bui e cupi della nostra emigrazione. Di quella di fine 800, di poco prima della Grande Guerra e di dopo la seconda Guerra Mondiale, quando i nostri connazionali, spesso trattati nel peggiore dei modi, subivano con sofferenza la loro inferiorità economica.
Anche se sono tempi lontani, ricordiamo ciò per respingere ogni comportamento razzistico nei confronti dei circa 5 milioni di immigrati nel nostro Paese.
Dopo quello che ha dovuto subire nei decenni la nostra emigrazione, l’Italia dovrebbe accogliere i nuovi cittadini con spirito di assoluta tolleranza e solidarietà.
Poco o nulla è stato fatto a favore degli immigrati extra-comunitari di origine italiana.
Non vogliamo corsie preferenziali, ma riteniamo doveroso da parte italiana, considerare in modo diverso e con leggi più appropriate la volontà di alcune migliaia di discendenti ed oriundi italiani, in particolare sudamericani, di voler rientrare e vivere nel loro Paese d’origine.
Progettare un supporto più attualizzato per gli italiani che vivono il Mondo, operare per rafforzare i legami e ritrovare le radici, modificare leggi e comportamenti, inaugurare nuove relazioni ed infine accogliere con apertura e tolleranza gli immigrati significa affrontare con serietà tutti gli aspetti ideologici, culturali ed operativi dei problemi sollevati.
Fino agli inizi degli anni ’90 si parlava con imbarazzo dei nostri emigrati, considerati i “parenti poveri” od, addirittura, italiani incapaci di sbarcare il lunario nella propria terra e quindi costretti alla fuga all’estero.
Probabilmente non ci si aspettava l’esplosione della laboriosità italiana nel Mondo, la diffusione della nostra cultura, del nostro modo di essere, di vestire e di mangiare.
E l’Italia nel Mondo in luogo di essere conosciuta solo come “mafia è diventata con gli anni sinonimo di buon gusto, di alta tecnologia, di stile e di capacità imprenditoriali.
Gli italiani nel mondo sono oggi imprenditori di successo, uomini politici ai vertici dei Paesi di accoglimento, giornalisti ed attori famosi, professionisti tra i più rinomati, militari che portano pace e solidarietà nel mondo, missionari che rischiano la vita per aiutare gli altri. Insomma, è il successo del “pianeta” Italia.
Gli italiani all’estero valgono annualmente per il nostro Paese circa 185 milioni di €. Tale cifra rappresenta l’incidenza del settore emigrazione sulla economia nazionale.
Tutto ciò fino a poco tempo fa veniva ignorato o sottovalutato; siamo ben lontani dallo stereotipo di emigrato, povero e malvestito, che lasciava la propria terra ed propri affetti per cercare fortuna altrove.
I nostri connazionali che vivono il Mondo pur sentendosi giustamente cittadini dei Paesi di accoglimento, sentono forte il rapporto con il Paese d’origine e ogni giorno di più rafforzano il legame con la Madre Patria.
Molti nati all’estero e senza conoscenza di lingua e costumi dell’Italia, si stanno impegnando alla ricerca delle proprie radici. Si è sviluppato una sorta di turismo del ritorno alle origini.
La CIM ha inaugurato, in collaborazione con importanti operatori turistici, il “Progetto Turismo di Ritorno”.
Dopo che in alcuni Paesi gli emigrati, per essere accettati ed integrati provvedevano a cambiare perfino il loro cognome, oggi accade il contrario con la spasmodica ricerca di un antenato, un paesello a cui far riferimento e poter vantare la origine italiana. Si tratta di una piccola rivoluzione ideologica che fa dell’Italia un Paese di successo, stimato ed apprezzato in tutto il Mondo.
La nuova situazione, però, non deve cancellare la nostra memoria storica dei momenti bui e cupi della nostra emigrazione. Di quella di fine 800, di poco prima della Grande Guerra e di dopo la seconda Guerra Mondiale, quando i nostri connazionali, spesso trattati nel peggiore dei modi, subivano con sofferenza la loro inferiorità economica.
Anche se sono tempi lontani, ricordiamo ciò per respingere ogni comportamento razzistico nei confronti dei circa 5 milioni di immigrati nel nostro Paese.
Dopo quello che ha dovuto subire nei decenni la nostra emigrazione, l’Italia dovrebbe accogliere i nuovi cittadini con spirito di assoluta tolleranza e solidarietà.
Poco o nulla è stato fatto a favore degli immigrati extra-comunitari di origine italiana.
Non vogliamo corsie preferenziali, ma riteniamo doveroso da parte italiana, considerare in modo diverso e con leggi più appropriate la volontà di alcune migliaia di discendenti ed oriundi italiani, in particolare sudamericani, di voler rientrare e vivere nel loro Paese d’origine.
Progettare un supporto più attualizzato per gli italiani che vivono il Mondo, operare per rafforzare i legami e ritrovare le radici, modificare leggi e comportamenti, inaugurare nuove relazioni ed infine accogliere con apertura e tolleranza gli immigrati significa affrontare con serietà tutti gli aspetti ideologici, culturali ed operativi dei problemi sollevati.
Rapportarsi all’Italia geografica e territoriale;
Il legame culturale, etnico ed affettivo con la Madre patria si è consolidato negli ultimi anni e si è accresciuto di nuovi tipi di collegamenti e di rapporti con il Paese d’origine.
L’Italiano nel Mondo ha riscoperto l’Italia. La facilità degli spostamenti, l’intensificazione dei rapporti, la stessa rete Internet, hanno notevolmente avvicinato i nostri connazionali all’Italia geografica e territoriale.
Non solo il diffondersi della cultura, della lingua e delle conoscenze italiane, hanno avuto una vera esplosione nel Mondo, ma l’italianità si è diffusa anche per lo stile di vita, il modo di pensare e di essere, il modo di mangiare, vestire e viaggiare. Nessun Paese al Mondo può vantare un formidabile corpo diplomatico di circa 70 milioni di addetti che promuovono gratuitamente il prodotto Italia.
Un prodotto da loro stessi sempre più conosciuto attraverso i viaggi, la televisione, internet e le conversazioni telefoniche con l’Italia.
Ormai la tendenza è quella di relazionarsi sempre di più all’Italia, sia per le necessità materiali che per quelle immateriali. Gran parte dei milioni di turisti e pellegrini religiosi, che visitano il nostro
Paese è costituito di italiani residenti all’estero, oriundi e discendenti. L’export italiano in questi anni ha conosciuto un vero boom e gran parte dei consumatori sono di origine italiana.
Gli stessi operatori ed imprenditori del Made in Italy sono quasi sempre italiani in quanto profondi conoscitori del prodotto che promuovono. Ma il rapportarsi all’Italia geografica significa anche voler partecipare alla vita politica, economica e sociale del nostro Paese. Per tale motivo ci è sembrato dal primo momento una “stravaganza” quella di costituire le circoscrizioni estere per il voto politico nazionale.
Gli aventi titolo votano per il Parlamento italiano e non per quello del Paese in cui vivono.
I loro interessi in loco vengono tutelati già dalla politica locale, invece votare per il Parlamento italiano significa vedersi tutelare degli interessi che si hanno in Italia e per questo sarebbe stato logico farli votare per i collegi di provenienza o per quelli dove si è risieduto in Italia.
Per tali motivi, checché dica qualche sapientone che, in verità, è più conosciuto in Italia che all’estero ed è scollegato dalle nostre collettività nel Mondo, la stragrande maggioranza dei nostri connazionali preferirebbe eleggere i parlamentari della propria Regione d’origine, visto che dove vivono già hanno loro eletti nelle Assemblee rappresentative.
Perché quindi voler dar loro, ad ogni costo, rappresentanti specifici, come se fossero sottosviluppati senza capacità di scegliere, decidere od intervenire sulle questioni italiane?
Abbiamo spesso ricordato che ciò lo facevano i Soviet con i deputati dei contadini, degli artigiani, etc.. Ben altra cosa è il dover chiedere od imporre ai partiti di inserire nelle loro liste cittadini residenti all’estero che costituirebbero senz’altro un arricchimento alle esperienze politiche del Paese.
Ricordiamo che per le donne vi sono leggi che impongono presenze percentuali nelle liste per i rinnovi del Parlamento e dei consigli comunali e regionali. Quindi nelle liste una percentuale di candidati residenti fuori
Italia. Parimenti diventa più trasparente insediare seggi elettorali in loco, presso luoghi prescelti dalle autorità consolari, ed evitare in tale modo l’imbroglio dei voti per corrispondenza con tanti professionisti raccoglitori di buste, qualche volta finiti in galera.
Non si capisce come per gli emigrati abbiamo dovuto escogitare un marchingegno tanto complicato da rendere la legge per il voto, per la quale ci battiamo sin dalla nascita della CIM, del tutto incostituzionale ed
inapplicabile.
Come si consente il libero esercizio del voto se in alcuni Paesi non verrà consentita alcuna campagna elettorale sul proprio territorio e quindi i candidati saranno solo conosciuti da pochi intimi e si rischia di veder eletti personaggi, non proprio qualificati, con una manciata di voti? Come si può pensare ad una circoscrizione che va da Pechino a Melbourne.
Il candidato eletto passa il tempo sugli aerei? Ci si dimentica che in Italia per avvicinare l’eletto all’elettore abbiamo limitato i collegi a soli 100 mila votanti?
In questo modo si creano, invece, delle “riserve indiane” che offendono profondamente l’intelligenza dei nostri connazionali residenti all’estero. Parimenti la voglia di appartenenza li porta ad interessarsi sempre di più della vita economica e sociale italiana. Sono ormai migliaia gli emigrati di ritorno che vengono ad investire in Italia, specialmente nel sud del Paese.
Industriali di successo provenienti dall’estero partecipano, in borsa ed in economia in generale, al successo della parte sana dell’industria italiana. Dall’estero portano il loro contributo allo sviluppo del nostro Paese anche italiani che hanno fatto fortuna con scoperte tecnologiche e scientifiche particolarmente importanti, uomini di cultura, di spettacolo e religiosi che rientrano in Italia dopo anni di lontananza convinti che sia giusto riportare in Italia il senso ed i risultati dei loro successi e del loro impegno nel Mondo.
L’Italiano nel Mondo ha riscoperto l’Italia. La facilità degli spostamenti, l’intensificazione dei rapporti, la stessa rete Internet, hanno notevolmente avvicinato i nostri connazionali all’Italia geografica e territoriale.
Non solo il diffondersi della cultura, della lingua e delle conoscenze italiane, hanno avuto una vera esplosione nel Mondo, ma l’italianità si è diffusa anche per lo stile di vita, il modo di pensare e di essere, il modo di mangiare, vestire e viaggiare. Nessun Paese al Mondo può vantare un formidabile corpo diplomatico di circa 70 milioni di addetti che promuovono gratuitamente il prodotto Italia.
Un prodotto da loro stessi sempre più conosciuto attraverso i viaggi, la televisione, internet e le conversazioni telefoniche con l’Italia.
Ormai la tendenza è quella di relazionarsi sempre di più all’Italia, sia per le necessità materiali che per quelle immateriali. Gran parte dei milioni di turisti e pellegrini religiosi, che visitano il nostro
Paese è costituito di italiani residenti all’estero, oriundi e discendenti. L’export italiano in questi anni ha conosciuto un vero boom e gran parte dei consumatori sono di origine italiana.
Gli stessi operatori ed imprenditori del Made in Italy sono quasi sempre italiani in quanto profondi conoscitori del prodotto che promuovono. Ma il rapportarsi all’Italia geografica significa anche voler partecipare alla vita politica, economica e sociale del nostro Paese. Per tale motivo ci è sembrato dal primo momento una “stravaganza” quella di costituire le circoscrizioni estere per il voto politico nazionale.
Gli aventi titolo votano per il Parlamento italiano e non per quello del Paese in cui vivono.
I loro interessi in loco vengono tutelati già dalla politica locale, invece votare per il Parlamento italiano significa vedersi tutelare degli interessi che si hanno in Italia e per questo sarebbe stato logico farli votare per i collegi di provenienza o per quelli dove si è risieduto in Italia.
Per tali motivi, checché dica qualche sapientone che, in verità, è più conosciuto in Italia che all’estero ed è scollegato dalle nostre collettività nel Mondo, la stragrande maggioranza dei nostri connazionali preferirebbe eleggere i parlamentari della propria Regione d’origine, visto che dove vivono già hanno loro eletti nelle Assemblee rappresentative.
Perché quindi voler dar loro, ad ogni costo, rappresentanti specifici, come se fossero sottosviluppati senza capacità di scegliere, decidere od intervenire sulle questioni italiane?
Abbiamo spesso ricordato che ciò lo facevano i Soviet con i deputati dei contadini, degli artigiani, etc.. Ben altra cosa è il dover chiedere od imporre ai partiti di inserire nelle loro liste cittadini residenti all’estero che costituirebbero senz’altro un arricchimento alle esperienze politiche del Paese.
Ricordiamo che per le donne vi sono leggi che impongono presenze percentuali nelle liste per i rinnovi del Parlamento e dei consigli comunali e regionali. Quindi nelle liste una percentuale di candidati residenti fuori
Italia. Parimenti diventa più trasparente insediare seggi elettorali in loco, presso luoghi prescelti dalle autorità consolari, ed evitare in tale modo l’imbroglio dei voti per corrispondenza con tanti professionisti raccoglitori di buste, qualche volta finiti in galera.
Non si capisce come per gli emigrati abbiamo dovuto escogitare un marchingegno tanto complicato da rendere la legge per il voto, per la quale ci battiamo sin dalla nascita della CIM, del tutto incostituzionale ed
inapplicabile.
Come si consente il libero esercizio del voto se in alcuni Paesi non verrà consentita alcuna campagna elettorale sul proprio territorio e quindi i candidati saranno solo conosciuti da pochi intimi e si rischia di veder eletti personaggi, non proprio qualificati, con una manciata di voti? Come si può pensare ad una circoscrizione che va da Pechino a Melbourne.
Il candidato eletto passa il tempo sugli aerei? Ci si dimentica che in Italia per avvicinare l’eletto all’elettore abbiamo limitato i collegi a soli 100 mila votanti?
In questo modo si creano, invece, delle “riserve indiane” che offendono profondamente l’intelligenza dei nostri connazionali residenti all’estero. Parimenti la voglia di appartenenza li porta ad interessarsi sempre di più della vita economica e sociale italiana. Sono ormai migliaia gli emigrati di ritorno che vengono ad investire in Italia, specialmente nel sud del Paese.
Industriali di successo provenienti dall’estero partecipano, in borsa ed in economia in generale, al successo della parte sana dell’industria italiana. Dall’estero portano il loro contributo allo sviluppo del nostro Paese anche italiani che hanno fatto fortuna con scoperte tecnologiche e scientifiche particolarmente importanti, uomini di cultura, di spettacolo e religiosi che rientrano in Italia dopo anni di lontananza convinti che sia giusto riportare in Italia il senso ed i risultati dei loro successi e del loro impegno nel Mondo.
Promozione dello sviluppo nei Paesi di accoglimento e ruolo dell’impresa italiana nel mondo per supportare l’economia italiana;
Spesso, con alti e bassi, l’Italia si è impegnata a promuovere lo sviluppo nei Paesi con gravi problemi della loro economia. L’aiuto italiano spesso è stato insufficiente, male organizzato o addirittura colpevolmente inutilizzato. A differenza di altri Paesi abbiamo spesso affidato ad altri l’utilizzo delle risorse che mettevamo a disposizione.
Così abbiamo frequentemente assistito ad imprese ed aziende straniere che costruivano strade o ponti, o fornivano aiuti alimentari con i soldi italiani.
In questo campo riteniamo necessaria una inversione di marcia, pur con un rigido controllo, con il rispetto delle regole e con la più assoluta trasparenza. Ci sembra assurda la politica di contribuire al lavoro altrui quando spesso gli altri si comportano non certamente in modo cristallino.
Succede spesso c’è chi ha la nomea e chi invece opera con superficialità, se non addirittura con l’imbroglio.
Parlando dei Paesi che ci riguardano più da vicino e segnatamente quelli del Sud America, riteniamo che l’Italia debba fare una scelta di priorità verso tali Paesi, dove vi sono milioni di italiani di origine che spesso rivendicano da noi una maggiore attenzione. Non auspichiamo una lotta del bisogno, ma riteniamo che le recenti difficoltà dell’Argentina debbano spingerci ad interventi più urgenti e consistenti.
Il mercato italiano, per vasti settori, è ormai saturo per ciò che viene prodotto all’interno del Paese.
Molte imprese sono state poste di fronte al bivio: chiudere od emigrare.
La scelta di molte aziende è stata quella di esportare le proprie capacità professionali, il proprio konw-how, la propria laboriosità.
Non parliamo solo della moda, dell’alimentare e del settore auto e tecnologico, ma anche di aziende piccole e grandi che ormai in Italia, a parte le manutenzioni, c’è poco di nuovo da realizzare, vedi le costruzioni o l’impiantistica etc..
Tale nuova emigrazione va sostenuta e tutelata con leggi ed interventi mirati. In tale direzione deve andare il rinnovamento e rafforzamento dell’ICE, delle Camere di Commercio italiane (spesso in mano a lobby locali), della SIMEST, della SACE, per dare garanzie alle imprese che lavorano all’estero, e delle stesse funzioni di Ambasciate e Consolati.
Così abbiamo frequentemente assistito ad imprese ed aziende straniere che costruivano strade o ponti, o fornivano aiuti alimentari con i soldi italiani.
In questo campo riteniamo necessaria una inversione di marcia, pur con un rigido controllo, con il rispetto delle regole e con la più assoluta trasparenza. Ci sembra assurda la politica di contribuire al lavoro altrui quando spesso gli altri si comportano non certamente in modo cristallino.
Succede spesso c’è chi ha la nomea e chi invece opera con superficialità, se non addirittura con l’imbroglio.
Parlando dei Paesi che ci riguardano più da vicino e segnatamente quelli del Sud America, riteniamo che l’Italia debba fare una scelta di priorità verso tali Paesi, dove vi sono milioni di italiani di origine che spesso rivendicano da noi una maggiore attenzione. Non auspichiamo una lotta del bisogno, ma riteniamo che le recenti difficoltà dell’Argentina debbano spingerci ad interventi più urgenti e consistenti.
Il mercato italiano, per vasti settori, è ormai saturo per ciò che viene prodotto all’interno del Paese.
Molte imprese sono state poste di fronte al bivio: chiudere od emigrare.
La scelta di molte aziende è stata quella di esportare le proprie capacità professionali, il proprio konw-how, la propria laboriosità.
Non parliamo solo della moda, dell’alimentare e del settore auto e tecnologico, ma anche di aziende piccole e grandi che ormai in Italia, a parte le manutenzioni, c’è poco di nuovo da realizzare, vedi le costruzioni o l’impiantistica etc..
Tale nuova emigrazione va sostenuta e tutelata con leggi ed interventi mirati. In tale direzione deve andare il rinnovamento e rafforzamento dell’ICE, delle Camere di Commercio italiane (spesso in mano a lobby locali), della SIMEST, della SACE, per dare garanzie alle imprese che lavorano all’estero, e delle stesse funzioni di Ambasciate e Consolati.
Ruolo politico e relazioni con le istituzioni
La riforma del MAE, iniziata da anni, nonostante alcune recentiaccelerazioni, ancora non è stata realizzata del tutto. Auspichiamo che ci sia, nel prossimo futuro, un impegno più serio econcreto. Dobbiamo però rilevare come il nostro Paese impegna troppe poche risorse a favore della nostra presenza diplomatica all’estero.
Per promuovere l’italianità, la cultura e l’impresa, non è possibile con 120 ambasciate, 93 istituti di cultura, impegnare solo lo 0,24% del bilancio statale contro l’1,24% della Francia e addirittura il 2,23% del Canada.
Mancanza di fondi significa mancanza di personale e quindi hanno ben ragione i nostri connazionali quando si lamentano, visto che per poter accedere agli uffici consolari, per richiedere documenti ufficiali, bisogna fare la fila di ore, con prenotazioni che arrivano al 2020 e spesso con attese notturne per poter ottenere, la mattina, il famoso “numerino” da supermercato che attesta giorno, mese e anno del proprio turno.
D’altra parte che si navighi a vista e nella più totale confusione si nota dal fatto che per la stessa anagrafe vi sono 800.000 persone di differenza tra i numeri del Ministero degli Interni e quello degli Esteri.
Invece di fare folklore con riunioni e spettacoli imbarazzanti, viste le situazioni in Argentina e Venezuela, invece di spendere milioni per l’acquisto di pagine sui maggiori quotidiani per annunciare la nascita di organismi che necessariamente devono essere privati e non richiamarsi alle note corporazioni promosse dallo Stato, invece di invitare a Roma poche decine di miliardari (non si sa bene con quale criterio di scelta) che hanno scontentato gli stessi partecipanti in gran parte ignari del motivo della convocazione se non quella di fare immagine per qualcuno, sarebbe più utile rimboccarsi le maniche ed affrontare con umiltà i problemi dei nostri connazionali più sfortunati che vivono il Mondo.
Né si può dire che i marginali interventi nel settore pensionistico e dell’assistenza abbiano risolto i problemi.
Il ruolo politico della CIM, però, non si può limitare alle rivendicazioni contenute in tutte le tesi del XII Congresso Mondiale.
Abbiamo rilevato, come nostro dovere, le carenze, gli errori e le esigenze del settore, ma riteniamo che il ruolo dei milioni di italiani nel mondo debba vederci tutti impegnati nel promuovere una politica di pace.
Nell’ultimo Congresso eravamo stati facili profeti nel prevedere la sciagura a cui si andava incontro con l’assurdità della guerra preventiva. I fatti ci hanno dato ragione.
In Siria, in Libia ed Iraq, dove non si sono trovate armi di distruzione di massa, i liberatori vengono considerati dalle popolazioni come invasori ed ogni giorno vi sono soldati uccisi e civili colpiti dalla violenza omicida dei terroristi. Certo Saddam, Gheddafi Mubarat etc. erano un dittatori ed andavano rimossi, ma ciò poteva essere fatto con metodi politici anche pesanti, dall’interno e senza scatenare guerre dalle conseguenze ancora imprevedibili, visto che l’occidente ed, in particolare, gli USA hanno raggiunto il brillante risultato di far collegare e collaborare quelli che erano sempre stati nemici acerrimi e cioè gli arabi “nasseriani” laici e nazionalisti con gli integralisti religiosi islamici.
Ovunque nel mondo gli italiani, soldati o missionari, industriali o lavoratori, hanno portato la loro cultura di pace. Siamo convinti che ciò continuerà a rappresentare il nostro modo di essere nella comunità internazionale.
Ci dovremo relazionare sempre più e meglio con gli organismi internazionali; dovremo avere un ruolo di protagonisti e non di spettatori. Abbiamo le capacità e la cultura per farlo.
E’ necessario difendere dagli attacchi dei populisti il sogno europeo, la moneta unica, ed operare per l’unità politica. L’Europa dovrà rappresentare nel futuro ravvicinato la nostra casa più grande.
Gli italiani dovranno essere protagonisti della vera unità europea, sia economica che politica. Il trattato di Roma rappresentò la volontà di creare finalmente il popolo europeo.
Molti passi in avanti erano stati fatti e non possiamo farli vanificare. Siamo in prossimità della vigilia delle consultazioni elettorali europee. Lavoriamo affinché gli italiani nel Mondo contribuiscano ad eleggere un Parlamento Europeo fatto di uomini e donne veramente all’altezza di affrontare le sfide del futuro.
Le qualità e le capacità dovranno essere al centro del nostro giudizio elettorale.
Non possiamo dare più deleghe a coloro i quali in questi anni hanno dimostrato ignoranza dei problemi, scarsa cultura, mancanza di tenacia e di volontà.
La CIM si impegnerà per sostenere chi le è realmente vicino nella sua battaglia per l’affermazione e la tutela degli interessi degli Italiani nel Mondo e chi si vorrà veramente impegnare per costruire l’Europa Unita.
Per promuovere l’italianità, la cultura e l’impresa, non è possibile con 120 ambasciate, 93 istituti di cultura, impegnare solo lo 0,24% del bilancio statale contro l’1,24% della Francia e addirittura il 2,23% del Canada.
Mancanza di fondi significa mancanza di personale e quindi hanno ben ragione i nostri connazionali quando si lamentano, visto che per poter accedere agli uffici consolari, per richiedere documenti ufficiali, bisogna fare la fila di ore, con prenotazioni che arrivano al 2020 e spesso con attese notturne per poter ottenere, la mattina, il famoso “numerino” da supermercato che attesta giorno, mese e anno del proprio turno.
D’altra parte che si navighi a vista e nella più totale confusione si nota dal fatto che per la stessa anagrafe vi sono 800.000 persone di differenza tra i numeri del Ministero degli Interni e quello degli Esteri.
Invece di fare folklore con riunioni e spettacoli imbarazzanti, viste le situazioni in Argentina e Venezuela, invece di spendere milioni per l’acquisto di pagine sui maggiori quotidiani per annunciare la nascita di organismi che necessariamente devono essere privati e non richiamarsi alle note corporazioni promosse dallo Stato, invece di invitare a Roma poche decine di miliardari (non si sa bene con quale criterio di scelta) che hanno scontentato gli stessi partecipanti in gran parte ignari del motivo della convocazione se non quella di fare immagine per qualcuno, sarebbe più utile rimboccarsi le maniche ed affrontare con umiltà i problemi dei nostri connazionali più sfortunati che vivono il Mondo.
Né si può dire che i marginali interventi nel settore pensionistico e dell’assistenza abbiano risolto i problemi.
Il ruolo politico della CIM, però, non si può limitare alle rivendicazioni contenute in tutte le tesi del XII Congresso Mondiale.
Abbiamo rilevato, come nostro dovere, le carenze, gli errori e le esigenze del settore, ma riteniamo che il ruolo dei milioni di italiani nel mondo debba vederci tutti impegnati nel promuovere una politica di pace.
Nell’ultimo Congresso eravamo stati facili profeti nel prevedere la sciagura a cui si andava incontro con l’assurdità della guerra preventiva. I fatti ci hanno dato ragione.
In Siria, in Libia ed Iraq, dove non si sono trovate armi di distruzione di massa, i liberatori vengono considerati dalle popolazioni come invasori ed ogni giorno vi sono soldati uccisi e civili colpiti dalla violenza omicida dei terroristi. Certo Saddam, Gheddafi Mubarat etc. erano un dittatori ed andavano rimossi, ma ciò poteva essere fatto con metodi politici anche pesanti, dall’interno e senza scatenare guerre dalle conseguenze ancora imprevedibili, visto che l’occidente ed, in particolare, gli USA hanno raggiunto il brillante risultato di far collegare e collaborare quelli che erano sempre stati nemici acerrimi e cioè gli arabi “nasseriani” laici e nazionalisti con gli integralisti religiosi islamici.
Ovunque nel mondo gli italiani, soldati o missionari, industriali o lavoratori, hanno portato la loro cultura di pace. Siamo convinti che ciò continuerà a rappresentare il nostro modo di essere nella comunità internazionale.
Ci dovremo relazionare sempre più e meglio con gli organismi internazionali; dovremo avere un ruolo di protagonisti e non di spettatori. Abbiamo le capacità e la cultura per farlo.
E’ necessario difendere dagli attacchi dei populisti il sogno europeo, la moneta unica, ed operare per l’unità politica. L’Europa dovrà rappresentare nel futuro ravvicinato la nostra casa più grande.
Gli italiani dovranno essere protagonisti della vera unità europea, sia economica che politica. Il trattato di Roma rappresentò la volontà di creare finalmente il popolo europeo.
Molti passi in avanti erano stati fatti e non possiamo farli vanificare. Siamo in prossimità della vigilia delle consultazioni elettorali europee. Lavoriamo affinché gli italiani nel Mondo contribuiscano ad eleggere un Parlamento Europeo fatto di uomini e donne veramente all’altezza di affrontare le sfide del futuro.
Le qualità e le capacità dovranno essere al centro del nostro giudizio elettorale.
Non possiamo dare più deleghe a coloro i quali in questi anni hanno dimostrato ignoranza dei problemi, scarsa cultura, mancanza di tenacia e di volontà.
La CIM si impegnerà per sostenere chi le è realmente vicino nella sua battaglia per l’affermazione e la tutela degli interessi degli Italiani nel Mondo e chi si vorrà veramente impegnare per costruire l’Europa Unita.